Scura maje (conosciuto anche come mara maje o in italiano Lamento di una vedova) è un canto popolare abruzzese di autore ignoto. Il brano descrive il senso di abbandono e di dolore di una donna, divenuta vedova, costretta da sola a crescere i figli e ad occuparsi della casa.
Scura maje | |
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Artista | |
Autore/i | ignoto |
Genere | Canzone popolare |
Data | XVIII secolo |
L'origine dovrebbe essere medievale, secondo il folklorista Antonio De Nino, e anche Giorgio Morelli, probabilmente il motivo monodico sarebbe derivato dalla presenza arbresche nella costa abruzzese dal XV-XVI secolo[1], così come il canto popolare monodico Addije addije amore (noto anche come "Nebbi' a la valle").
Tittavia è del diciottesimo secolo la prima vera testimonianza del canto, denominato Scura mai, grazie alla pubblicazione di un libro di poemi dialettali a opera di Romualdo Parente, autore scannese del XVIII secolo[2]. Il testo, così come il titolo (da "Maramàje" a "Scuramàje"), varia di zona in zona, assumendo di volta in volta i connotati del dialetto del luogo. La versione più lunga è quella scannese di 15 quartine con il ritornello, il testo raccolto da Donatangelo Lupinetti nel 1952, cantata da Giuseppe Gavita "Giuseppillo" da Scanno, grazie alla registrazione di Alan Lomax, è di 9 quartine.
Altre versioni sono state raccolte dal demologo Antonio De Nino nel 1883, il quale attribuiva la canzone, di 17 quartine con ritornello, a Sebastiano Mascetta di Colledimacine[3], criticando la pubblicazione della versione incompleta e con errori del "pianto della vedova di Scanno" sul giornale "Giambattista Basile: Archivio di letteratura popolare" di Napoli. Un altro filone di queste canzoni proviene dalla costa abruzzese, precisamente da Vasto, quando il poeta e storico locale Luigi Anelli trascrisse la canzone nei primi anni del '900, intitolandola La Pèchera spridiute (Pecora sperduta, dall'attacco della seconda strofa di quartina) e questa fu incisa nel 1968 da Antonietta D'Angelantonio per il Coro folkloristico del Vasto[4]. Questa versione vastese, tra le più comuni oggi in Abruzzo, è assai più breve dell'originale scannese, e viene nominata "Maramàje", e consta solo di 3 quartine più il ritornello.
Una celebre incisione del brano è stata effettuata dalla Corale "Giuseppe Verdi" di Teramo.[5] La canzone viene eseguita da Anna Melato nel film Film d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..." (1973) di Lina Wertmüller, con l'arrangiamento di Nino Rota.[6]. Questa è ispirata ovviamente alla vulgata vastese.
La versione qui riportata è quella utilizzata nel film di Lina Wertmüller Film d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza...", intitolato Amara me.
(dialetto)
«Mare maje, scura maje,
tu si mmorte e je che facce, Mare maje, mare maje, mare maje, so' na pechera spirgiute, Mare maje, mare maje, mare maje, Je a tiné na casarielle, Mare maje, mare maje, mare maje, |
(IT)
«Amara me, triste me,
tu sei morto ed io che faccio, Amara me, amara me, amara me, Sono una pecora sperduta, Amara me, amara me, amara me, Io avevo una casetta, Amara me, amara me, amara me, |