Bloodflowers è l'undicesimo album da studio del gruppo inglese The Cure, pubblicato il 14 febbraio 2000. Ha raggiunto, in Italia, l'8º posto dell'Hit Parade ufficiale, risultando il 110º album complessivamente venduto nel corso del 2000.
Bloodflowers album in studio | |
---|---|
Artista | The Cure |
Pubblicazione | Febbraio 2000 |
Durata | 58:07 (CD); 64:32 (LP) |
Dischi | 1 |
Tracce | 9 (CD)/10 (LP) |
Genere[1] | Rock gotico Rock alternativo |
Etichetta | Fiction Records |
Produttore | Robert Smith, Paul Corkett |
Certificazioni | |
Dischi d'oro | 2 (1 Svizzera, 1 Belgio) |
The Cure - cronologia | |
Album precedente Galore - The Singles 1987-1997 (1997)Album successivo
Greatest Hits (2001) | |
Logo | |
![]() |
Bloodflowers giunge dopo quattro anni di silenzio della band e viene introdotto da Robert Smith come l'ultimo disco della band.[2] Un tale annuncio veniva più o meno seriamente ripetuto dall'inizio degli anni novanta per ogni album, ma questa sembrava la volta effettiva, per vari motivi: la fine imminente del rapporto con la Fiction, l'etichetta di sempre, il calo di popolarità e di vendite dell'ultimo Wild Mood Swings, le aspirazioni soliste latenti: Robert voleva lasciare alla grande, sentiva che Wild Mood Swings non avrebbe rappresentato degnamente i Cure come ultima opera.[3] Decide quindi di registrare un ultimo album: le prime demo si orientano verso atmosfere complicate, elettroniche (un'eco si sentirà in Possession, registrazione di quel periodo uscita solamente nella raccolta di b-sides Join the Dots e in Wrong Number, dalla raccolta Galore), poi però Robert scrive, verso la fine del 1997, Out Of This World, e tutto cambia. Capisce che quella è la direzione da seguire: un disco molto soft, dove la base di ogni canzone è costituita dalla chitarra acustica. Nasce così Bloodflowers, etichettato da Robert come la continuazione naturale del filone tanto amato dai fan, quello costituito da Pornography e Disintegration, tanto da costituire insieme ad essi la "trilogia dark" della band.
Il tema ricorrente dell'album è l'invecchiamento, l'abbandono: emblematiche sono la già citata Out of This World ("Quando guarderemo indietro a tutto questo [...] ci ricorderemo come ci si sente a essere così vivi?"/"Un'ultima volta prima che sia finita [...] Un'ultima volta prima che sia tempo di andare"), The Last Day of Summer ("L'ultimo giorno d'estate non è mai stato così vecchio/L'ultimo giorno d'estate non è mai stato così freddo") e There Is No If... ("'Se tu muori hai detto muoio anch'io hai detto"). Pezzo un po' a parte è Maybe Someday, che per stessa ammissione di Robert riguarda i suoi sentimenti riguardo alla situazione della band e alla fine del gruppo ("No non lo farò mai più, non voglio fingere/Se non può essere come prima devo farlo finire").
Musicalmente l'album riprende i toni cupi e sommessi di Disintegration, però ne è come l'evoluzione: alcuni hanno descritto questo album come un "Disintegration invecchiato". I pezzi sono tutti lenti, dall'evoluzione iperlavorata e stratificata (questo è visto come un difetto da qualche fan), con accesi toni malinconici e dalla lunghezza sostenuta; solo una traccia (There Is No If...) su nove è sotto i cinque minuti.
La "trilogia dark" è stata riproposta dal vivo a Berlino (e Bruxelles) nel novembre 2002, per essere documentata in un DVD, chiamato Trilogy, inteso come il testamento finale dei Cure. I fatti hanno poi smentito questa intenzione.
L'album è stato candidato al premio "Best Alternative Album" ai Grammy Awards del 2001; il premio è però andato a Kid A dei Radiohead.
Testi e musiche di Tutte le canzoni sono di Smith (testi) - Smith, Gallup, Bamonte, Cooper, O'Donnell (musiche)..
Contrariamente a ogni album precedente, non è stato estratto nessun singolo commerciale da Bloodflowers. Sono tuttavia usciti in via promozionale per le radio, senza video di accompagnamento o b-sides, Out of This World e Maybe Someday nel gennaio 2000.
![]() |