Figlio di una siciliana e di un libanese, Gismonti iniziò a suonare il pianoforte all'età di sei anni. Dopo aver studiato musica classica per 15 anni, si trasferì a Parigi per studiare orchestrazione ed analisi con Nadia Boulanger, composizione con Jean Barraqué, un allievo di Schoenberg e Webern. Tornato in Brasile, passò un lungo periodo presso gli indios Xingù, dai quali apprese l'utilizzo del loro flauto.
Dopo questa esperienza, Gismonti cominciò a vedere davanti a sé una realtà più ampia del mondo della musica classica, che aveva conosciuto sino ad allora. Era attratto dalle idee compositive di Ravel, ma anche dal "cavaquinho", uno strumento a corde della musica popolare brasiliana, per certi versi simile alla chitarra. Gismonti ebbe inoltre altre influenze musicali dal jazz, dal choro, dalla bossa nova, dal rock e dalla musica classica brasiliana di Heitor Villa-Lobos. Negli anni settanta, si dedicò allo studio della chitarra, cominciando con il classico strumento a sei corde e passando nel 1973 ad uno ad otto corde e successivamente ad uno a dieci corde. Trascorse due anni sperimentando diverse accordature dello strumento e ricercando nuove sonorità, ricorrendo all'uso di flauto, kalimba, sho, voce, campane, ecc. Durante la prima metà degli anni '70 egli pose dunque le basi per la sua concezione attuale della musica, ascoltando e traendo ispirazione da musicisti molto diversi tra loro, come ad esempio Django Reinhardt e Jimi Hendrix, avvalorando così la tesi dell'assenza di contraddizione tra musica "popolare" e "seria".
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