Black Sabbath è l'album di debutto del gruppo musicale omonimo, pubblicato nel Regno Unito il 13 febbraio del 1970 dalla Vertigo Records e in Nord America dalla Warner Bros. il 1º luglio 1970.
La stessa angolazione dell'immagine dell'album che riprende il mulino ad acqua Mapledurham Watermill, situato sul fiume Tamigi a Mapledurham, nella contea inglese di Oxfordshire.
Secondo quanto dichiarato dal chitarrista Tony Iommi, l'album è stato registrato in una sola sessione di circa 12 ore il 16 ottobre 1969:[4] «Pensammo, "abbiamo due giorni per fare il disco, e uno dovrà essere dedicato al missaggio". Suonammo quindi dal vivo. Ozzy cantava in contemporanea, semplicemente lo registrammo su un canale differente e via. Non abbiamo ripetuto una seconda volta quasi nessuna parte».[4] Il suono presente nel disco è una miscela di psichedelia oscura e heavy metal che avrà una forte influenza nella genesi di numerose band venute dopo. I ritmi lenti e inquietanti e l'atmosfera da cinema horror saranno elementi che influenzeranno molto altri generi, su tutti il doom metal,[2][3] I concetti extra-musicali quali la fascinazione per l'oscurità e il mistero hanno attirato dure critiche nei confronti del gruppo, che in seguito cambierà i propri interessi per dedicarsi ad altre tematiche. Il disco resta un classico nel panorama musicale internazionale, un disco seminale che ha aperto nuove strade creando un suono inconfondibile, ed è uno dei primi album a essere definito "heavy metal".[1] Circa la canzone Black Sabbath, l'esecuzione nel riff principale del primo brano è uno dei più celebri del gruppo, di note separate da un intervallo di tritono, considerato nel medioevo di stampo satanico. Dall'album vennero estratti come singoli il doppio lato A Evil Woman/Wicked World e, solo in Francia, The Wizard. Evil Woman si tratta di una reinterpretazione dell'omonimo brano dei Crow, mentre Warning è originariamente degli Aynsley Dunbar Retaliation, anche se i musicisti Iommi, Ward e Butler si cimentano in essa in improvvisazioni blues e jazz.[1]
Il mulino Mapledurham.
Accoglienza
Al momento della sua pubblicazione, Black Sabbath ricevette principalmente critiche negative[14][15]. Lester Bangs, in una delle sue recensioni più note, pubblicata sulla rivista Rolling Stone, stroncò l'intero disco poiché «nonostante dei titoli tenebrosi e qualche testo vuoto che ricorda un omaggio malfatto dei Vanilla Fudge ad Aleister Crowley, l'album non ha nulla a che vedere con lo spiritismo, l'occulto e qualsiasi altra cosa, eccetto delle legnose litanie dei cliché dei Cream» e definì infine la band «proprio come i Cream! Ma peggio»[9][16]. Robert Christgau, di The Village Voice, inizialmente bollò l'album come «stronzate necromantiche»[13] e poi lo descrisse come «il peggio della controcultura su un piatto di plastica» a causa degli «assoli troppo lunghi e i tempi di reazione compromessi dalla droga»[17].
Le recensioni retrospettive di Black Sabbath furono invece generalmente positive. Steve Huey di AllMusic descrisse l'album come rivoluzionario, per aver segnato «la nascita dell'heavy metal così come lo conosciamo», nonché il primo tra gli album pionieri del genere le cui sonorità fossero «immediatamente riconducibili al metal anche dopo decenni di evoluzione del genere»[1], e lo lodò per quanto «le lente e oscure chitarre rock» fossero capaci di far giungere l'ascoltatore a un «confuso, alterato stato di coscienza»[1]. Nel 2004 la rivista Rolling Stone ha lodato la produzione di Rodger Bain[10][11] e ha successivamente inserito l'album nella lista 10 Classic Albums Rolling Stone Originally Panned[11].
L'album è stato classificato alla posizione 243 nella lista dei 500 migliori album secondo Rolling Stone,[18] e alla quinta della lista dei 100 migliori album metal di tutti i tempi della medesima rivista.[19]
(EN) Tony Iommi, T. J. Lammers, Iron Man: My Journey through Heaven and Hell with Black Sabbath, Da Capo Press, 11 dicembre 2012, ISBN978-0-306-82145-5.
(EN) Lester Bangs, Black Sabbath, in Rolling Stones, 17 settembre 1970. URL consultato il 1º giugno 2017.
«The whole album is a shuck — despite the murky songtitles and some inane lyrics that sound like Vanilla Fudge paying doggerel tribute to Aleister Crowley, the album has nothing to do with spiritualism, the occult, or anything much except stiff recitations of Cream clichés [...] Just like Cream! But worse.»
Nathan Brackett e Christian David Hoard, The New Rolling Stone Album Guide, 4ªed., New York, Simon & Schuster, 2004, ISBN978-0-74320-169-8.
Nella sua autobiografia, Ozzy Osbourne disse di Bangs: «L'ultima riga era qualcosa del tipo "Sono proprio come i Cream, ma peggio", e non riuscii a capirla, perché ritenevo che i Cream fossero una delle migliori band al mondo... Ho sentito molta gente sostenere che fosse un genio con le parole, ma a mio avviso era solo l'ennesimo coglione pretenzionso.»
(EN) Robert Christgau, Consumer Guide Reviews, su robertchristgau.com. URL consultato il 1º giugno 2017.
«The worst of the counterculture on a plastic platter--bullshit necromancy, drug-impaired reaction time, long solos, everything.»
(EN) Christopher R. Weingarten, Tom Beaujour, Hank Shteamer, Kim Kelly, Steve Smith, Brittany Spanos, Suzy Exposito, Richard Bienstock, Kory Grow, Dan Epstein, J.D. Considine, Andy Greene, Rob Sheffield, Adrien Begrand, Ian Christe, The 100 Greatest Metal Albums of All Time, su rollingstone.com, Rolling Stone, 21 giugno 2017. URL consultato il 13 ottobre 2017.
Collegamenti esterni
(EN) Steve Huey, Black Sabbath, su AllMusic, All Media Network.
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