Considerato dalla critica una pietra miliare, viene ricordato per la sua potente sonorità e per la capacità di adattarsi a circostanze diverse grazie alla sua grande familiarità con il linguaggio del bebop[2].
Biografia
I primi contatti con la musica furono tramite lezioni di pianoforte che Brown iniziò a prendere dall'età di otto anni. In seguito, deciso a cambiare strumento, dopo un tentativo senza successo di intraprendere lo studio del trombone,[3]scelse di indirizzarsi al contrabbasso. Le prime esperienze sulla scena jazz di Pittsburgh – sotto l'influsso di Jimmy Blanton, bassista della formazione di Duke Ellington – avvennero col sestetto di Jimmy Hinsley e col gruppo del pianista Snookum Russell, fino al conseguimento del diploma e alla decisione di Brown di trasferirsi a New York[4].
Nella metropoli statunitense, appena ventenne ritrovò Hank Jones e accettò l'offerta di Dizzy Gillespie in cerca di un bassista per la propria formazione, nella cui sezione ritmica suonavano – oltre a Brown – John Lewis, Milt Jackson e Kenny Clarke, il nucleo del futuro Modern Jazz Quartet. L'esperienza gli diede anche l'opportunità di venire a contatto fra gli altri con Charlie Parker, Art Tatum[4] e Bud Powell[5].
Interrotto il sodalizio con Gillespie nel 1947, Brown formò un proprio trio che costituì il gruppo di supporto per le esibizioni di Ella Fitzgerald, che egli sposò l'anno seguente e da cui avrebbe divorziato nel 1952. Chiusasi nel 1951 l'esperienza col proprio trio, Brown si unì a Oscar Peterson con cui suonò in trio fino al 1966, anche se in questi quindici anni ebbe modo di esibirsi con una moltitudine di altri artisti jazz[6].
Dopo aver lasciato il trio di Peterson, Ray Brown si trasferì a Los Angeles, divenendo il manager di artisti jazz fra cui Quincy Jones e Milt Jackson col rinato Modern Jazz Quartet[6]. Nella città californiana lavorò in studio e nel 1974 formò il gruppo L.A. Four, impegnandosi al contempo a far emergere artisti semisconosciuti come la cantante Ernestine Anderson, o dimenticati come Gene Harris[5]. Proprio quest'ultimo, al pianoforte, fu un suo partner nei trii con cui negli anni ottanta e novanta il contrabbassista si esibì in concerto e registrò in studio[4].
Ray Brown è morto nel sonno nel 2002, durante un riposo pomeridiano qualche ora prima di un concerto che avrebbe dovuto tenere a Indianapolis[4].
Discografia
1952 – New Sound in Modern Music
1957 – Bass hit!
1958 – This Is Ray Brown
1959 – The Poll Winners Ride Again
1960 – Jazz Cello
1962 – Featuring Cannonball Adderley
1962 – Ray Brown with the All Star Big Band
1965 – Ray Brown with Milt Jackson
1970 - Bach Ground Blues & Green, Laurindo Almeida & Ray Brown – Century City
1972 – This One's for Blanton
1975 – The Three
1975 – Brown's Bag
1975 – Overseas Special
1976 – Fuji Mama
1976 – Quintessence (Bill Evans)
1977 – As Good As It Gets
1979 – Something for Lester
1979 – Tasty!
1981 – Echoes from West
1982 – Ray Brown, Vol. 3
1982 – Milt Jackson – Ray Brown Jam
1982 – The Big Three
1983 – Jackson, Johnson, Brown & Company
1984 – Soular Energy
1984 – One O'Clock Jump
1985 – Bye Bye Blackbird
1985 – Live in Japan
1986 – Take It to the Limit
1987 – Intensive Care
1989 – Black Orpheus
1990 – More Makes 4
1991 – Two Bass Hits
1991 – Georgia on My Mind
1993 – Bass Face
1994 – Super Bass
1994 – Don't Get Sassy
1995 – Some of My Best Friends Are... The Piano Players
1995 – Seven Steps to Heaven
1996 – Some of My Best Friends Are... The Sax Players
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