Apprezzata per le sue interpretazioni di canzoni, in particolare Les Goélands, Mon matelot, La Mauvaise prière, e per i suoi ruoli tragici, fu molto celebre negli anni trenta.
Biografia
I genitori erano originari dei Vosgi: il padre, Nicolas Damien, era nato a Nonville e la madre, Maria Giuseppina luisa Claudia era di Darney. Maria Luisa andava sovente in vacanza a Darney, presso i nonni materni, che possedevano una fattoria, prima che i genitori si trasferissero a Parigi ove il padre era divenuto poliziotto.
All'età di quindici anni Damia lasciò la casa paterna e trovò un ruolo di comparsa al théâtre du Châtelet. Fu notata da Roberty, marito della nota cantante Fréhel, che le impartì lezioni di canto e con il quale avrà, molto dopo, una relazione amorosa. Dal 1908 si esibì sulle scene di caffè concerto quali la Pépinière-Opéra, il Petit Casino e l'Alhambra.
Divenne la vedette d'uno spettacolo del caf' conc' di Félix Mayol. Sacha Guitry sosteneva che fu lui a consigliarle di vestirsi in nero, disegnò la sua silhouette, imponendo così uno stile alle cantanti realiste che le successero, quali Édith Piaf e Juliette Gréco. Ma in un'intervista alla radio ella affermò che l'idea dell'abito nero venne a Max Dearly. Ella impose una rottura scenica abbandonando la scenografia a vantaggio del solo sipario nero. Cantava senza microfono, vestita di nero, con sipario nero, fu la prima "cantante in nero".[1] La sua estetica scenica s'iscrive nell'espressionismo e il rinnovo drammatico di Jacques Copeau[2].
Ella frequentò molto presto il circolo letterario femminile e lesbico attorno alla poetessa Natalie Clifford Barney. Ella vi frequentò Romaine Brooks, Gabrielle Bloch, conosciuta come Gab Sorère, Loïe Fuller e in questo contesto, incontrò l'architetto, arredatrice e designer Eileen Gray, con la quale ebbe una relazione amorosa. Gray creò per la cantante la sua prima poltrona detta «a sirena»[3].
Parallelemente, ella ebbe alcuni ruoli notevoli nel cinema.
Damia registrò il 28 febbraio 1936 la canzone suicidogena Sombre Dimanche (Triste domenica) di Laszlo Javor e Rezső Seress, la cui interpretazione fu vietata al pubblico dalla sua creazione.[4].
Adulata dal pubblico nel periodo fra le due guerre mondiali, la sua immagine venne occultata nel dopoguerra da idoli più giovani, in particolare da Édith Piaf[5]. Tuttavia trionfò in un recital presso la Salle Pleyel nel 1949 e compì una tournée in Giappone nel 1953. Ritornò sulle scene a Parigi nel 1954, all'Olympia, con in primo piano Jacques Brel, allora esordiente, e poi nel 1955. In seguito si ritirò a vita privata.
Nel 1963, l'Accademia Charles-Cros[6] le assegnò il Gran Premio per il suo disco Les Belles Années du Music Hall[7], una compilazione. Questa consacrazione tardiva suonò un po' come un risarcimento per l'oblio da parte dell'accademia, ma anche come un'occasione unica di renderle il più bello degli omaggi, visto che la consegna del premio si fece sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica francese, allora che erano trascorsi otto anni da quando Damia si era ritirata dal music-hall.
Battezzata "la trageda della canzone", ella fu anche ammirata da scrittori di tutto rispetto, da Jean Cocteau a Robert Desnos. Più avanti, cineasti come Jean Eustache, Aki Kaurismäki o Claude Chabrol rifecero sentire le sue canzoni.
Damia morì brutalmente le il 30 gennaio 1978 a La Celle-Saint-Cloud a causa di una caduta accidentale su un trasporto pubblico. Anche se all'epoca fu avanzata la tesi del suicidio, si noterà un decesso quasi conforme a un repertorio di opere musicali consacrati prevalentemente ai mutilati, ai feriti in incidenti e a vittime della malasorte.
La sua salma è stata inumata nel cimitero parigino di Pantin.
Memoria
Cartello del giardino Damia nell'XI arrondissement di Parigi. Il nome Louise-Marie riprende l'ordine ritrovato nell'atto di nascita di Damia. La data di nascita sul cartello è errata: Damia nacque nel 1889.
Negli anni 1930, Damia era nota per il suo abbigliamento nero e il rifiuto di avere dietro di lei uno scenario dipinto, cosa nuova per quei tempi[8].
Paul Colin aveva dipinto, in un cartellone, il ritratto di Damia.
La sua modernità ha influenzato numerosi artisti della seconda metà del XX secolo, quali Édith Piaf[8], che riprese alcuni titoli e gesti di Damia, Barbara[2], Jacques Brel, vedi Serge Gainsbourg[9].
Nel 1997 è stato creato nell'XI arrondissement di Parigi un giardino intitolato «Espace vert écologique», denominato Jardin Damia in omaggio alla cantante[10].
Un museo dedicato a Damia è stato inaugurato il 22 settembre 2018 nel castello di Darney su iniziativa dell'associazione degli Amici del patrimonio di Darney e di collezionisti parigini.
(FR) Damia, la chanteuse était en noir, su arte.tv. URL consultato il 22 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 23 gennaio 2017)..
L'intégrale et caetera, 2005
(FR) Jardin Damia, su equipement.paris.fr. URL consultato il 22 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2017)..
(FR) Courrier des théâtres, in Le Figaro, 3 giugno 1930, 6. URL consultato il 26 settembre 2018..
Bibliografia
(FR) Francesco Rapazzini, Damia, une diva française, Parigi, éditions Perrin, 2010, ISBN978-2-262-03403-0.
Gianni Lucini, Luci, lucciole e canzoni sotto il cielo di Parigi - Storie di chanteuses nella Francia del primo Novecento, Novara, Segni e Parole, 2014, 160 p. ISBN 978-88-908494-4-2
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