The House of Blue Light è il dodicesimo album di studio dei Deep Purple uscito nel 1987. Si tratta del secondo album dalla reunion della Mark II, ed il sesto album della formazione. È fuori catalogo.
The House of Blue Light album in studio | |
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Artista | Deep Purple |
Pubblicazione | 12 gennaio 1987 |
Durata | 50:38 (LP) 46:16 (CD 1988) |
Dischi | 1 |
Tracce | 10 |
Genere | Heavy metal Hard rock Album-oriented rock |
Etichetta | Polydor (UK) Mercury Records (US) |
Produttore | Roger Glover & Deep Purple |
Registrazione | The Playhouse Stowe - Vermont 1986 |
Formati | CD, LP, MC |
Certificazioni | |
Dischi d'argento | ![]() (vendite: 60 000+) |
Dischi d'oro | ![]() (vendite: 50 000+) ![]() (vendite: 25 000+) |
Deep Purple - cronologia | |
Album precedente (1984) Album successivo
Slaves & Masters (1990) |
Recensioni professionali | |
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Recensione | Giudizio |
AllMusic | ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Rolling Stone | (favorevole)[5] |
La creazione dell'album fu un processo eccessivamente lungo e difficile, che il cantante Ian Gillan paragonò alla registrazione di Who Do We Think We Are nel 1973 a Roma[6]. Gillan ha osservato come la tensione dei rapporti avesse compromesso l'album: "Se ripenso a House Of Blue Light, ci sono delle buone canzoni su quell'incisione, ma c'è qualcosa che manca nella totalità del disco. Non riesco a sentire lo spirito della band. Riesco a vedere cinque professionisti che fanno del loro meglio, ma è come una squadra di calcio, non funziona. È come undici superstar che stanno giocando sullo stesso campo da gioco ma non sono connesse nel cuore e nello spirito".[7] Il chitarrista Ritchie Blackmore ha detto che buona parte del disco fu ri-registrata, ed ha confessato "Penso di aver suonato di merda, e non credo che a nessun altro gli sia piaciuto veramente".[8] L'organista Jon Lord ha aggiunto "House of Blue Light fu un album strano e difficile da mettere insieme. Abbiamo fatto il gigantesco errore di provare a rendere la nostra musica attuale. Abbiamo scoperto che la gente non voleva che lo facessimo".[9]
Nonostante le preoccupazioni della band, l'album vendette bene. Raggiunse la prima posizione in Germania e Svezia per due settimane, la seconda in Norvegia, la terza in Svizzera, la nona in Giappone, la decima nella Official Albums Chart e la trentaquattresima posizione nel Billboard 200 degli USA.
Furono realizzati due video promozionali, per le canzoni "Bad Attitude" e "Call Of The Wild". In entrambe partecipano i membri della band.
L'album ricevette delle recensioni miste. David Fricke su Rolling Stones scrisse che "[l'album] è certamente un netto miglioramento rispetto al tiepido primo album della reunion" e premiò la scelta del ritorno alle sonorità degli album storici di brani come Mad Dog, Hard Lovin' Woman e Bad Attitude, sebbene definì molte dei testi di Gillan "imbarazzanti".[10]
In un'altra recensione dell'epoca, Steve Newton scrisse: "Com'era d'aspettarsi, la musica sull'ultimo album dei Deep Purple non è tanto differente dalla roba del 1984. Ma va bene, perché Perfect Strangers era un buon disco. Non un buon disco come Machine Head, Who Do We Think We Are? o Burn, ma neanche troppo ignobile. Nonostante non sia presente niente di immediatamente piacevole come "Knocking at Your Back Door", c'è roba abbastanza carina da soddisfare i fan di vecchia data ed acchiaparne alcuni nuovi."Mad Dog" e "Dead or Alive" sono rock scatenati che dovrebbero piacere ai nuovi headbangers, con la chitarra unica di Blackmore al comando, ma il resto della band è altezza. Richie è caldo anche su "The Spanish Archer" e "The Unwritten Law". L'unico punto veramente debole è l'irritante "Mitzi Dupree".[11]
Ladano riporta che "Blackmore si rifiutò di registrare Mitzi Dupree e che la chitarra che si sente su disco era la versione della demo". Inoltre, scrive che "The House of Blue Light non è all'altezza del suo predecessore. Con una migliore produzione e forse un paio di canzoni diverse, avrebbe potuto. [...] Non si sente la stessa confidenza della band che incise Perfect Strangers."[11]
Nella recensione su AllMusic di Eduardo Rivadavia osserva che "[l'album] supera la prova del tempo bene, se non meglio, del suo predecessore. Il secondo sforzo della riformata lineup Mark II mostra i Deep Purple alla ricerca di una hit dal sapore anni 80 e, facendo così, suonano scomodamente simili all'altra band di Richie Blackmore, i Rainbow".[12]
Alcune tracce sulla versione in LP e cassetta sono più corte del CD originale pubblicato nel 1987. Per il remaster del 1999 sono stati utilizzati i master del vinile originale e così il tempo complessivo è più corto rispetto al CD originale.
Tutte le tracce sono state scritte da Ritchie Blackmore, Ian Gillan e Roger Glover, eccetto laddove indicato.
Produzione
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