I Suicide sono stati un gruppo musicale statunitense proveniente da New York, attivo ad intermittenza dal 1971 e composto da Alan Vega (voce) e Martin Rev (sintetizzatore e drum machine). Come i Silver Apples, sono prevalentemente un duo per voce e sintetizzatore.
Suicide
I Suicide in una foto anamorfizzata del 1988, scattata prima di un concerto a Toronto (Ontario, Canada).
Sebbene non siano mai stati popolari tra il grande pubblico[6], vengono oggi considerati estremamente innovativi ed influenti.[7][8][9] Riferendosi al gruppo il critico Wilson Neate dichiarò: "Sono stati influenti come i Clash. Ascoltando il loro omonimo album di debutto del 1977, appare ovvio: il suono del synth pop, della techno e dell'industrial dance degli anni ottanta e novanta, e la nuova New Wave dai suoni metallici, tutti fanno riferimento a quell'album fondamentale".[10][11]
Storia
1971-1977: I Suicide ed il Mercer Art Center
Martin Reverby e Boruch Alan Bermowitz, entrambi newyorkesi di nascita, si incontrarono nel 1971 al Project of Living Artists di Green Street a SoHo, uno spazio-laboratorio per artisti
in cui il primo si dedicava alla scena jazz d'avanguardia ed il secondo lavorava come scultore. È in questo periodo che i due divennero amici decidendo di fondare i Suicide, ispirandosi al titolo del fumetto preferito di Bermowitz, Ghost Rider chiamato "Satan Suicide"[12] ed assumendo poi i nomi d'arte di Martin Rev ed Alan Vega. La prima formazione dei Suicide vide inizialmente il contributo anche di Paul Liebgott, che lasciò la band poco dopo la sua formazione[13].
Negli anni successivi iniziarono a frequentare il Mercer Art Center, dove le New York Dolls gestivano la Oscar Wild Room, ed è in questo periodo che Martin Rev unì una vecchia drum machine degli anni '50 al suo Farfisa, gettando le radici di quel suono rock and roll appena abbozzato su una struttura elementare, sintetica ed estraniante. Era il 1975 ed Alan Vega in una intervista successiva sostenne che "Quando Marty acquistò la drum machine, qualcosa dalla musica cominciò a fare capolino (…). È stato quello il momento in cui ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti, “Non abbiamo bisogno di nessun altro!”[14].
I Suicide si inserirono così nella prima scena glam punk di New York, facendosi una cattiva reputazione con live che spesso degeneravano in risse, atti di violenza o con Alan Vega che si auto-infliggeva ferite sul volto e sul corpo. I semplici riff di tastiera di Rev erano accompagnati da una batteria piuttosto dura e grezza che faceva da sottofondo alla voce roca, spesso ripetitiva ed ossessiva fatta di sussurri e grida improvvise, in narrazioni da sotto borgo metropolitano, tra torbide storie di sesso, disagio, morte e guerra[14]. Fu in questi anni che i Suicide composero quei brani che andarono poi a formare il primo album della band.
1977: Suicide, CBGB's e tour europei
Sono del 1977 le numerose comparizioni live al CBGB di Manhattan in cui Vega e Rev eseguono i brani non ancora che li resero poi famosi nel mondo. Alcune delle registrazioni e documentazioni di questi concerti vennero poi allegate alla ristampa dell'omonimo primo disco targata Blast First. Il loro stile così estremo veniva snobbato dalla case discografiche fin quando Martin Thau, ex-manager delle New York Dolls, decise di metterli sotto contratto con la Red Star Records che pubblicò il loro epocale primo album dal titolo Suicide.[5] Non venne accolto favorevolmente dalla critica accumulando una lunga serie di stroncature dalle riviste nazionali che li costrinse a rivolgere lo sguardo all'Europa. Nel 1978 i Suicide parteciparono così al tour dei Clash aprendone i concerti, ma continuando a collezionare una lunga lista di fischi e diniego. Il culmine di questo rapporto turbolento tra pubblico e Suicide si ebbe poi durante l'apertura di uno dei concerti di Elvis Costello a Bruxelles, in cui un'ascia venne lanciata sul palco sfiorando Vega e causando l'interruzione del live[14].
L'album è oggi considerato uno dei grandi classici "maledetti" del rock contemporaneo.[15] Il brano più celebre è probabilmente Frankie Teardrop, narrante la storia di un giovane operaio di 20 anni, ridotto sul lastrico, che verrà indotto ad un gesto estremo e disperato a causa della vita troppo dura per sé e per la propria famiglia.[5] Il critico Emerson Dameron scrisse che la canzone è "una delle cose più terrificanti, affascinanti e assurde che io abbia mai sentito".[16]
Periodi successivi
Nel 1980 uscì il secondo album Suicide: Alan Vega/Martin Rev più orientato verso un pop elettronico meno cupo dell'esordio.[5]
Nel 1986 Alan Vega ha collaborato con Andrew Eldritch dei The Sisters of Mercy nell'album Gift, pubblicato sotto il nome di The Sisterhood. Sebbene Vega e Rev abbiano pubblicato album da solisti, i Suicide hanno realizzato un unico album in oltre un decennio, American Supreme (2002). Le vendite, in ogni caso, furono scarse e la critica divisa.[17]
Nel 2005, la SAF Publishing pubblicò Suicide No Compromise, una "docu-biografia" girata da David Nobahkt, che contiene lunghe interviste con Vega e Rev.[18]Bruce Springsteen, altro ammiratore dalla band[19], ha chiuso tutte le esibizioni del suo tour del 2005 Devils and Dust con una versione per sole tastiera e voce di Dream Baby Dream.[20]
Morte di Alan vega
Il 16 luglio 2016, all'età di 78 anni, muore il cantante Alan Vega, sancendo così la fine del duo.
Stile musicale
Ispiratori del punk rock, del synth pop e della dance industriale,[21] i Suicide si sono caratterizzati con uno degli stili musicali più provocatori degli anni settanta[22] fondendo rock 'n' roll, R&B e garage rock tramite una strumentazione elettronica.[4][23] Ogni loro brano, che si appoggia sui riff alienanti delle tastiere,[22] è dominato dalla voce psicotica di Alan Vega, che richiama quella di Elvis Presley e di Lou Reed.[21][23] Il loro morboso proto-punk elettronico[1][2][4] riflette la paura e la nevrosi metropolitana[4][22][23] e si ispira, come confermano le esibizioni dal vivo, agli Stooges e a Iggy Pop.[2] Vengono anche inseriti nel novero degli artisti del rock indipendente e in varie espressioni di musica punk quali il post-punk e la new wave.[21]
Enzo Gentile, Alberto Tonti, Il dizionario del pop-rock, Zanichelli, 2014, pp.1562-3.
Bibliografia
Kris Needs, Suicide. La storia della band che sconvolse New York City, a cura di Caterina Micci, Firenze, Goodfellas Libri, 2016, ISBN978-88-99770-02-0.
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